La resistenza elettrica e come si misura

Qualsiasi materiale, se sottoposto a una differenza di potenziale può presentare uno scorrimento di corrente elettrica, persino nel caso di isolanti. Tuttavia per questi è necessario che la tensione imposta sia sufficientemente alta da rompere la barriera del dielettrico. In condizioni ordinarie, quindi, l’isolamento di un cavo elettrico funziona.

Si chiamano conduttori i materiali che in una determinata situazione consentono un flusso di corrente all’interno del loro volume o sulla loro superficie. Sono tipici esempi i metalli, l’acqua mineralizzata e il plasma. Il rapporto tra la tensione e la corrente viene comunemente definito con il nome di resistenza e dipende da alcuni fattori. Vediamo di fare un po’ di chiarezza.

Da che cosa è causata la resistenza

Un mezzo fisico, in generale, può essere visto come un insieme e granulare di particelle più o meno distanti tra loro, basti considerare un solido dove sono molto compatte, oppure un liquido che è ancora denso, ma è privo di una struttura fissa.

Ci sono poi i gas, dove le molecole sono libere e il plasma, dove sono anche ionizzate e non si può a volte più parlare di veri e propri atomi. Questo in particolare quando è a energie altissime, ben al di fuori delle possibilità di un comune esperimento in casa.

Di solito si fa riferimento al modello di Drude per i conduttori metallici, che vengono visti come un volume denso di ioni, formato dalle parti più pesanti ossia i nuclei e dagli elettroni delle orbite interne e gli altri, liberi, che partecipano alla conduzione, con un modello chiamato reticolo metallico e gas elettronico.

Se si immette energia termica, ossia si scalda il metallo, gli elettroni vanno in agitazione, con in oscillazioni intorno alla posizione, rendendo più difficile uno scambio energetico ordinato.

Se invece il metallo si trova una temperatura più bassa, imponendo una differenza di potenziale ai suoi estremi, gli elettroni si orientano seguendo il campo elettrico e determinano quello che si chiama comunemente scorrimento di corrente.

La quantità di portatori di carica che partecipano in maniera ordinata determina la resistenza del materiale. Se quindi un oggetto presenta pochi elettroni disponibili alla conduzione, avrà un comportamento tendenzialmente isolante e resistenza alta. Se invece non ci sono vincoli, si può raggiungere invece lo stato di superconduzione, per il quale si richiede di solito una temperatura bassissima.

A livello tecnologico un materiale può essere reso, sotto determinate ipotesi, resistivo in varie maniere. È il caso dei resistori commerciali realizzati con ossidi metallici, che sostanzialmente limitano il numero di elettroni coinvolti nella trasmissione dell’energia.

Quali sono le leggi che regolano la resistenza

La più importante e livello macroscopico è la legge di Ohm che si esprime nella forma:

R=V/I

Dove R rappresenta la resistenza, espressa in Ohm, V è la tensione in Volt e I la corrente in Ampere. Questa formula funziona per la corrente continua ed è sostanzialmente un caso specifico della legge di Ohm generale, che consente di calcolare la componente resistiva di un’impedenza, con una formula analoga.

In quella estesa, al posto di R si usa si usa però Z, che è un valore complesso, con una parte reale e una immaginaria dipendenti dalla frequenza.

Anche se spesso la resistenza viene approssimata come un valore costante e indipendente da frequenza e altre condizioni, questo non è vero, perché un resistore, se viene raffreddato o surriscaldato, cambia di valore in maniera drastica, in particolare quando si raggiungono limiti estremi.

È altrettanto vero che nella maggior parte dei casi sottoporre a questo stress un dispositivo si distrugge o lo si rende inutilizzabile per cause meccaniche.

La resistenza in corrente continua dipende da vari fattori e quindi uno stesso materiale può essere lavorato appositamente per avere prestazioni differenti.

La formula generale in questo caso, legata alle dimensioni fisiche, è:

R=ρ*l/S

dove ρ rappresenta la resistività del materiale, l la lunghezza dell’oggetto e S la sezione, anche se questa formula si applica sostanzialmente soltanto a oggetti limitati, come un cavo elettrico. In altre situazioni bisognerebbe utilizzare calcoli integrali complessi per avere un valore attendibile.

Con un po’ di matematica, si può capire che modificando meccanicamente i fattori l e S, considerando cioè che la deformazione dell’oggetto è limitata e non tale da agire sulla sua struttura del reticolo, semplificata con ρ, è possibile ottenere da uno stesso resistore metallico dispositivi complessi, come le celle di carico a deformazione.

Come si misura la resistenza

Bisogna immediatamente distinguere se il campo di misura è quello della corrente continua o della corrente alternata. Nel primo caso la misurazione è semplice, per il secondo invece risulta particolarmente complessa, perché dipende dalla frequenza e bisogna utilizzare un analizzatore vettoriale da laboratorio.

Limitandoci alla continua, il test si fa con un multimetro, cioè uno strumento alimentato con una batteria e che sfrutta un sistema di bilanciamento con un voltmetro per determinare il valore della resistenza.

Dentro il tester c’è un circuito formato da tre resistori di valore noto, montati a formare un ponte. Il quarto resistore mancante è quello da misurare.

Il ramo numero 1 è formato da un partitore di tensione fisso, a tensione impressa. Nel punto di giunzione si legge un valore di riferimento, espresso in V.

L’altro ramo invece fornisce un valore incognito. I due punti centrali di giunzione sono uniti con un voltmetro ad alta impedenza fluttuante, che determina la differenza di potenziale tra i due nodi.

Quella che vediamo sul display è l’impedenza resistiva espressa in Ohm. Migliore è la qualità dello strumento che utilizziamo, maggiore è l’attendibilità. È possibile avere una lettura affidabile per valori di resistenza molto inferiori a 1 ohm o grandi, sopra i 100 Megaohm.

È di fondamentale importanza valutare la resistenza in condizioni ordinarie di uso, per temperatura, umidità e altri fattori ambientali, perché altrimenti la misura è non attendibile.

Inoltre il tester va utilizzato rigorosamente con l’alimentazione del dispositivo che contiene la resistenza disattivata e staccata dall’impianto di rete o dalla batteria.

Infatti il rischio è di danneggiare lo strumento di misura e l’oggetto che stiamo valutando, oltre a esporsi a shock elettrico e folgorazione, in particolare se le tensioni in gioco sono considerevoli, oppure se c’è molta corrente circolante.