Corrente alternata ed elettrodomestici: apparecchiature elettriche domestiche, trasformatori e corrente continua

Quando si pensa alla corrente elettrica bisogna tenere in considerazione il fatto che siamo abituati al dispositivi alimentati in maniera molto differente. Tutto quello che è elettronico, cioè che contiene transistor, microprocessori e persino le vecchie valvole ha bisogno di corrente continua, con una tensione che dipende dal tipo di impiego.

Questa sostanzialmente può essere sempre vista come un gruppo di batterie impilate. Infatti se si prendono elementi discreti e si montano in serie, la tensione complessiva è pari alla somma di quella dei singoli, almeno dal punto di vista del caso ideale.

Elettrodomestici e gran parte dei dispositivi a motore, soprattutto quelli più datati come trapani, phon, lavatrici e persino frigoriferi hanno bisogno di un’alimentazione a corrente alternata, quella che prendiamo comunemente dalle prese al muro.

Quali sono le differenze tra continua e alternata? Perché in certi ambiti si sceglie di utilizzare l’una piuttosto che l’altra? Vediamo di approfondire questo argomento.

Continua vs alternata

La prima tensione a essere rilevata, nel 1799 dal piemontese Alessandro Volta era continua, con una differenza di potenziale ottenuta da un accumulatore molto primitivo con celle in acido. È dall’invenzione del motore introdotto da Galileo Ferraris a partire dal 1885 che si produce corrente alternata.

Il motivo principale per il quale non si utilizza la continua ovunque, anche se all’inizio era stata una valutata come soluzione per la distribuzione tramite le dinamo, rientra nel fatto che i conduttori elettrici sottoposti a tensione continua si surriscaldano per effetto Joule.

Invece se si fa circolare corrente alternata il fenomeno è secondario e decisamente più limitato e in alcuni casi assolutamente non percettibile.

Si hanno surriscaldamenti ad esempio nelle enormi linee di trasmissione per l’alta tensione, ma nelle reti di casa si risolve tutto quanto senza bisogno di raffreddamento.

Non è soltanto una questione legata alla gestione della temperatura contro gli incendi, ma anche al fatto che questa energia dissipata durante la trasmissione non può essere utilizzata.

In pratica se si prende una grande batteria e si collega con un lungo cavo a una lampadina, la tensione che si va a leggere ai capi dei suoi reofori risulta essere notevolmente più piccola rispetto a quella prevista.

La caduta di tensione in questo caso può risultare intollerabile e se il cavo è particolarmente lungo si hanno anche altri effetti negativi legati a fenomeni di captazione di interferenze elettromagnetiche.

L’impiego della corrente alternata risolve immediatamente il problema, perché la caduta di tensione è minima e non si ha surriscaldamento.

Inoltre si possono effettuare in maniera poco dissipativa, quindi molto vantaggiosa, operazioni di conversione, innalzamento e abbassamento della tensione. Basti considerare le cabine di trasformazione che portano l’alta tensione, molti kV a volte più di 100.000, a livelli adatti per l’uso domestico, ossia sia 220 V / 50 hz in Europa.

La tensione che ci arriva è oscillante e teoricamente priva di componente continua. Questo significa che può essere espressa da una formula del tipo:

U=V*cos(ωt+φ)

dove φ allo sfasamento e ω la pulsazione, espressa come 2*π*f, con f=50 hZ in Europa.

Sono necessari due cavi per la trasmissione della corrente, uno che funge da riferimento o “0” chiamato comunemente neutro e l’altro che in gergo si chiama fase.

La tensione può essere stimata come differenza di potenziale tra fase e neutro ed espressa in molti modi, se si usa la formula di cui sopra, V=220 Volt.

Perché si usa la corrente alternata?

Il fatto che in ogni istante la tensione in un determinato punto del cavo cambia oscillando e si inverte disegno periodicamente la rende poco dissipativa e facile da trasportare.

Gran parte dei dispositivi elettronici che abbiamo in casa devono essere alimentati con trasformatori o convertitori AC/DC di tipo switching, con una efficienza maggiore rispetto al pacco lamellare, oltre che un impatto più basso dal punto di vista degli ingombri e dei pesi.

La tensione 220 V viene quindi convertita in valori che possono essere più disparati per vari impieghi, ma soprattutto per quanto riguarda le macchine a motore e quelli per il riscaldamento resistivo, si sceglie di utilizzare la tensione alternata invece della continua.

Ci sono carichi induttivi di grossa entità come in molti casi si può dover utilizzare anche una tensione con più fasi, come la trifase in cui conduttori sono il numero maggiore per consentire uno spunto migliore.

Si tratta praticamente della quantità di energia necessaria per far muovere l’arberino del motore, processo che in alcuni casi può risultare particolarmente dispendioso rispetto al consumo medio di potenza.

Di solito i dispositivi di casa sono monofase, quindi una comune lavatrice presenterà soltanto il tradizionale cavo con lo spinotto con due elettrodi più la messa a terra, che è collegata alla carcassa.

Anche se i motori elettrici in continua stanno ottenendo risultati più interessanti rispetto alle vecchie versioni, al momento non sono ancora in grado di superare la soglia di rendimento per gli elettrodomestici. Ma come ci dimostrano le auto elettriche, alimentate a batteria, la tecnologia sta facendo passi da gigante.

Come ci proteggono i trasformatori?

Oltre a scalare la tensione, i trasformatori servono per una funzione importante, cioè realizzare il cosiddetto isolamento galvanico. In sostanza il primario e il secondario sono tra loro isolati elettricamente, non ci sono fili in comune e sono separati da un’intercapedine in materiale plastico.

In questo modo il nostro utilizzatore, a esempio il PC, sarà teoricamente isolato rispetto alla tensione di rete e noi toccandolo non potremmo risentire di eventuali correnti di perdita.

Questo non evita completamente il rischio di shock. Basta per esempio toccare accidentalmente la carcassa di un vecchio PC scalzi su un pavimento nudo (non fatelo!), per accorgersi che c’è della tensione residua, ma l’isolamento galvanico garantisce che si tratti soltanto di residui.

È importante verificare che la messa a terra sia ottimale e che soprattutto l’impedenza sia garantita entro un range tale da ridurre la corrente di scarico per non assorbire dall’impianto, ma al tempo stesso evitarci shock elettrici che possono risultare mortali. Per questo, sempre verificare i dati di targa e usare calzature isolate e guanti di sicurezza per lavorare con la corrente.